Un docente, non si ferma mai. Se durante l’anno scolastico è costretto a partecipare agli incontri di formazione obbligatoria, d’estate può dilettarsi in corsi su coding, Flipped Classroom, scrittura creativa, intelligenza artificiale e via dicendo. Insomma, d’imparare non si finisce mai, soprattutto quando si insegna.

Mai come negli ultimi anni, la scuola è ansiosa di stare dietro alle sfide del cambiamento, insegue le soft skills, la globalizzazione, il lifelong leraning, e ora anche la didattica orientativa, in un vortice di formazione permanente e continua, quasi compulsiva. Effettivamente tutta questa fame di formazione fa un po’ paura al povero docente, che sommerso dalla burocrazia e da corsi su qualsiasi cosa, si chiede mestamente se sia il caso di buttare via tutto quanto appreso durante il suo percorso di studi per gettarsi a capofitto nel vortice dell’aggiornamento.

Davanti alla parola “formazione obbligatoria” i docenti sono così spesso diffidenti, reticenti o conservatori, soprattutto se proposta dall’alto senza il loro coinvolgimento diretto. In realtà dobbiamo ricordare come secondo la legge è il Collegio dei docenti che deve stabilire le attività formative obbligatorie:  non spetta dunque al dirigente scolastico decidere che cosa sia obbligatorio e cosa no, mentre rientra nelle sue competenze quella di sanzionare un docente si rifiuti di partecipare alla formazione obbligatoria deliberata dal Collegio, perché in tal caso l’insegnante verrebbe meno a un obbligo di servizio. 

Una formazione continua, dunque, da realizzarsi attraverso i canali formali, quali possono essere corsi di aggiornamento, seminari, convegni, libri ecc, ma anche informali quali giornali, cinema, concerti, partecipazione ad eventi di ampio respiro culturale. Ma, soprattutto, si vuole partire dal presupposto che l’aggiornamento vada inteso come forma mentis, disponibilità alla ricerca, voglia di miglioramento che deve caratterizzare tutta la vita professionale del docente.

In tal modo il docente può essere costantemente aggiornato sull’evoluzione della scienza, della tecnica, delle teorie pedagogiche, psicologiche, della metodologia e della didattica e può quindi valorizzare se stesso attraverso l’acquisizione di nuove competenze spendibili in maniera pratica ed efficiente nei percorsi di insegnamento e di crescita professionale e personale.

Una formazione in servizio di qualità, rappresenta il nodo focale intorno al quale si impernia lo sviluppo professionale di ogni educatore e insegnante che, consapevolmente, decida di rivedere in modo costante il proprio modo di lavorare per avere conseguenze sempre più positive sui giovani studenti, sulla propria comunità scolastica e sulla società intera.

di Silvia Zanetti, Capo Redattore

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